La fiera di San Pietro e

la storia della Foce

La Fiera di San Pietro a Genova, un appuntamento fisso che segna l'inizio dell'estate a Genova, ritorna anche quest'anno nel quartiere della Foce.

Ma questa celebrazione estiva è molto più di un semplice mercato; è una delle ultime testimonianze tangibili di un antico borgo di pescatori che, per secoli, ha plasmato l'identità, la morfologia e persino la psicologia dei suoi abitanti in questa specifica zona, fino all'inizio del XX secolo.


Le Origini di un Borgo Unico

 Il nome stesso del quartiere, Foce, deriva dalla presenza della foce del torrente Bisagno, sebbene alcuni ritengano che possa collegarsi a Focea, una colonia genovese al tempo dell'Ammiraglio Benedetto Zaccaria.

Questo borgo, una volta divenuto un insediamento di pescatori, rappresentava una realtà autonoma e distinta da Genova.


In un periodo specifico, sotto Napoleone, il borgo assunse lo status di municipio, distaccandosi da Albaro.

Le abitazioni si raggruppavano densamente attorno alla parrocchia di San. Pietro.

Un'incisione in legno del '400 ci mostra il borgo come un piccolo agglomerato di case affacciate sulla spiaggia che si estendeva da Punta Vagno al Bisagno, con un modesto molo per l'approdo delle imbarcazioni.

L'attività principale, la pesca, pur mantenuta con ostinazione dagli abitanti, non li sollevava dalla povertà e dalle difficoltà materiali di un mestiere intrinsecamente pericoloso e faticoso.

Fu con l'arrivo dei cantieri navali all'inizio dell'800, che rimasero operativi fino al 1930, che la Foce si affermò come una delle aree economiche più vitali della regione.


Un altro elemento di cruciale importanza per l'economia e la vita del borgo era il lazzaretto. Sorto già in epoca antichissima, nel 1250, per accogliere i lebbrosi, questa struttura monumentale divenne cruciale nelle ripetute ondate di peste che funestarono Genova.

Non solo ospitava i malati, ma anche i poveri e coloro che, giunti via mare, erano sottoposti a quarantena. L'edificio, un vasto recinto murario contenente altri fabbricati, era del tutto isolato dall'ambiente circostante.


È interessante notare come a metà del '700, persino Jean Jacques Rousseau vi sbarcò, costretto a una quarantena che egli descrisse nelle sue memorie come un'esotica avventura, quasi da "novello Robinson Crusoè", in un luogo ameno e deserto con una lunga spiaggia che gli ispirò pensieri pieni di emozione.


In una filiera industriale elementare, legata ai cantieri e al lazzaretto, si trovava la lavanderia. Questa fu per lungo tempo la principale fonte di occupazione per le donne della Foce, che in tal modo perpetuavano una tradizione secolare di lavare a mano i panni nel torrente.


Per gli abitanti della foce, Genova era un lugo "lontano" a ponente.

Sembra incredibile oggi, ma il viaggio per raggiungerla era lungo, trafficato e non privo di pericoli, inizialmente risalendo il fiume e successivamente percorrendo l'attuale via della Libertà, che nacque proprio in quell'epoca ispirata alla Rivoluzione Francese.


Le strade erano costellate di osterie tradizionali, come la "Manue" – rinomata per il suo "nostralino", la frittura di pesce e la farinata – l'"osteria del Rebado", e, nella zona di Santa Zita, "La locanda dei cipressi" e "l'ostaia del Cillo", dove risuonavano le famose "arie" dei trallalleri.


La piana del Bisagno era la patria dei "besagnin", i contadini, che costituivano la maggioranza degli abitanti di quella vasta area.


La Fiera di San. Pietro, che faceva da contraltare alla Fiera di S. Agata in inverno, rappresentava un momento cruciale di scambi commerciali di prodotti e utensileria destinati ad allevatori, coltivatori e commercianti.


La Scomparsa del Borgo.


Questo mondo, che per secoli si era mantenuto sostanzialmente inalterato nonostante i progressivi cambiamenti della modernità, subì un primo e significativo colpo con la costruzione di Corso Italia e, in seguito, la copertura del Bisagno.


Ma la trasformazione della Foce non si fermò qui. Se il borgo storico venne demolito e i suoi abitanti trasferiti alla "Casa dei Pescatori" dall'altra parte del Bisagno (coperto per far posto a strade e palazzi), gli ampi spazi lasciati dalla chiusura del cantiere navale furono adibiti a attività ludico-sportive, come un luna park e un campo di calcio, nell'area dove oggi si trova piazza Rossetti.

Nonostante i cantieri fossero dismessi, la zona manteneva i bagni Carana e via Casaregis conduceva ancora alla spiaggia, e l'acqua della Foce era persino ritenuta terapeutica per diverse malattie. Era, in miniatura, una sorta di "Coney Island" genovese.


Tuttavia, anche questa fase durò poco.

La Seconda Guerra Mondiale e la successiva ricostruzione, portarono cambiamenti ancora più radicali. La città si espanse in modi impensabili: la costruzione della Fiera del Mare, l'immenso parcheggio e la sopraelevata finirono per alterare irrimediabilmente i connotati del borgo, che scomparve nella nuova "geometria di cemento" degli edifici moderni.

Ora l'attenzione si sposta sul "Waterfront", ma questa è un'altra storia.


Oggi, la Fiera di San Pietro è celebrata per le sue bancarelle, il suo vivace caos, le occasioni per affari estivi e gli spettacolari fuochi d'artificio che, negli anni '80, rappresentavano un appuntamento quasi magico per i bambini dell'epoca.

Nonostante le profonde trasformazioni, la Fiera di San Pietro rimane un appuntamento fisso e una preziosa traccia di un passato che continua a pulsare nel cuore di Genova.


SEGUICI


Le nostre collaborazioni