Fabrizio De Andrè: la leggenda genovese

Fabrizio De Andrè a Genova Sound: oggi vogliamo parlare di una leggenda genovese. Il cantautore che tutti conoscono anche i più giovani.
Fabrizio De André, il leggendario cantautore genovese, è ricordato a distanza di decenni dalla sua scomparsa come uno dei maggiori artisti italiani, un vero e proprio spartiacque nella storia della musica d'autore.
Conosciuto affettuosamente come Faber, appellativo datogli dall'amico Paolo Villaggio, De André ha trascorso quasi quarant'anni a tessere poesie in musica, raccontando storie di emarginati, ribelli e sconfitti.
L'Infanzia e le Radici Genovesi
Nato a Genova Pegli il 18 febbraio 1940, Fabrizio Cristiano De André mostrò fin dall'infanzia un temperamento ribelle e anticonformista.
Dopo aver frequentato le scuole elementari presso le suore Marcelline, fu ritirato a causa della sua insofferenza per la disciplina e iscritto a una scuola statale.
Nonostante un percorso di studi travagliato che lo vide passare anche dai severissimi gesuiti dell'Arecco, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, abbandonandola a pochi esami dalla laurea per dedicarsi interamente alla sua vera vocazione: la musica.
La svolta artistica arrivò in parte grazie al padre che, di ritorno dalla Francia, gli regalò due 78 giri di Georges Brassens.
Fabrizio rimase folgorato da quello stile a lui sconosciuto e iniziò a tradurne i testi. Insieme ad amici e colleghi come Luigi Tenco, Gino Paoli, Umberto Bindi e Bruno Lauzi, fu tra gli esponenti di quella che divenne nota come la scuola genovese, un gruppo di artisti che rinnovò profondamente la musica leggera italiana.

L'Esordio e i Capolavori
Il suo primo disco uscì nel 1961, Nuvole barocche, ma la notorietà a livello nazionale arrivò nel 1968, quando la celebre cantante Mina incise La Canzone di Marinella, catapultando De André all'attenzione del grande pubblico.
Con l'arrivo degli anni Settanta, De André abbracciò la formula dei concept album, che gli permise di sviluppare un pensiero musicale più complesso, non più vincolato alla brevità dei singoli. Nacquero così capolavori tematici come La buona novella (1970), che esplora le figure del Nuovo Testamento attraverso i vangeli apocrifi, e Non al denaro non all'amore né al cielo (1971), liberamente ispirato all'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.
Le sue canzoni erano armi affilate, usate con arguzia e poesia per battersi contro l'ipocrisia bigotta e le convenzioni borghesi imperanti, come dimostrato in brani iconici quali La Guerra di Piero, Bocca di Rosa e Via del Campo.
De André era un uomo di idee anarchiche e pacifiste, una visione che lo portò a cantare costantemente il lato oscuro e drammatico del mondo, dando voce a chi viveva in "direzione ostinata e contraria".
La Vita in Sardegna e il Sequestro
Dal 1974, De André si legò a Dori Ghezzi, e nel 1977 si stabilirono in Sardegna, nella tenuta dell’Agnata. La loro vita fu segnata da un evento drammatico: la sera del 27 agosto 1979, la coppia fu rapita dall'anonima sequestri e tenuta prigioniera sulle montagne di Pattada per circa quattro mesi, venendo liberata dietro il pagamento di un riscatto.
Questa esperienza toccante e il forte contatto con la realtà sarda furono la linfa vitale per l'album senza titolo del 1981, comunemente conosciuto come L'indiano, in cui De André tracciò un significativo parallelismo tra il popolo dei pellerossa e quello sardo.
Nel 1984, con l'album Crêuza de mä, cantato interamente in genovese e realizzato in collaborazione con Mauro Pagani, De André ottenne un successo straordinario, venendo premiato come miglior album dell'anno e del decennio.
Questo lavoro segnò un punto di svolta, liberando De André dalle influenze degli chansonniers francesi e spingendolo verso la world music e l'esplorazione delle minoranze linguisticmondo.
L'Eredità Poetica
L'ultimo album in studio del cantautore, Anime Salve (1996), co-scritto con Ivano Fossati, è un altro disco acclamato dalla critica, considerato il suo testamento musicale ed etico.
L'album è un viaggio ideale nella solitudine e nell'emarginazione, un attacco alle "maggioranze" che opprimono le minoranze.
Fabrizio De André, stroncato da un male incurabile, si spense a Milano l'11 gennaio 1999.
I suoi funerali, svoltisi a Genova, videro la partecipazione di una folla immensa di oltre diecimila persone, a testimonianza del vuoto incolmabile lasciato nella cultura italiana.
Il poeta Fernanda Pivano, amica e traduttrice di molti autori che influenzarono De André, sintetizzò il suo impatto dichiarando: "Fabrizio non è morto. Vivrà sempre negli spazi profumati della poesia, che è eterna".
Per intere generazioni, De André rimane il cantore della dissacrazione dei falsi miti del moralismo borghese, l'uomo che, con la sua voce calda e il fraseggio penetrante, ha saputo cantare il lato più vero e oscuro del mondo.

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